Il dibattito sull’avvenire della scuola e della formazione mi appassiona particolarmente: perché da esso dipende la futura leadership del Paese e perché, ne sono convinto, da quel gradino occorre iniziare il percorso di rilancio economico e sociale del Paese.
La scoperta, banale per alcuni, della didattica a distanza ha messo in luce molte criticità ma anche grandi opportunità di cambiamento e miglioramento. L’innovazione corre veloce e, è evidente, la scuola ha perso qualche treno che ora ha l’occasione di riacciuffare. I telefonini e i tablet che troppo spesso, prima della pandemia, sono stati additati come “armi di distrazione di massa” e “nemici dell’apprendimento” sono diventati improvvisamente strumenti indispensabili per consentire la prosecuzione delle lezioni. Ne è scaturito uno scatto in termini di consapevolezza e nuove competenze acquisite. Uno scatto che non possiamo permetterci di sprecare e, anzi, dovremmo utilizzare per correre verso un orizzonte che renda giustizia al connubio tra tecnologia e capitale umano.
Partiamo da un dato di fatto: le famiglie italiane spendono per ogni figlio dai 200 ai 300 euro all’anno in libri di testo, a seconda che si prenda in considerazione le medie o le superiori. Ecco, questo è uno sforzo economico che potrebbe essere trasformato in spinta verso il digitale. Si potrebbe indire un bando pubblico per ottenere, sulla base di quella cifra, un kit scolastico digitale a prezzi calmierati: un tablet, una connessione veloce e libri in formato non più cartaceo ma elettronico. In parallelo, un secondo bando potrebbe puntare alla creazione di una piattaforma unificata e dedicata per la didattica a distanza: una sorta di “gemello digitale” della scuola fisica dove frequentare le lezioni, aggiungendo l’opportunità di corsi formativi in collaborazione con aziende private e associazioni, consultare il registro, ragionare con il corpo docente sui programmi e svolgere i compiti a casa. In tutti i settori ormai si ragiona in ottica di piattaforme di servizi in cloud e sarebbe opportuno lo facessimo anche per quanto riguarda la scuola.
In tanti potrebbero formulare, in ottica di ecosistema, un’offerta complessiva vantaggiosa, per pubblica amministrazione e famiglie, che a fronte della stessa spesa sostenuta fino ad ora rinnovi radicalmente il sistema formativo.
Considerando che la didattica a distanza è anche compatibile con i requisiti di sicurezza imposti dalla convivenza con il covid-19, immagino anche che finanziare corsi di aggiornamento per i docenti e riqualificazione delle aule fisiche possa trovare il sostegno delle risorse finanziarie messe a disposizione dall’Europa. Anzi, in questo l’Italia potrebbe farsi capofila di un progetto, una visione di lungo periodo, estendibile e replicabile in tutto il vecchio continente. Abbiamo la tecnologia adatta, la creatività e l’ingegno per conseguire un risultato simile.
In un sol colpo si darebbe risposta concreta alla necessità di nuove competenze, innovazione della formazione, continuità scolastica e capitale umano più allineato alle necessità del mondo del lavoro. Una riforma che, nel medio periodo, non mancherebbe di innescare effetti positivi anche in termini di PIL.
La nuova piattaforma per l’Istruzione avvierebbe un circolo virtuoso con benefici anche per i luoghi fisici: durante il periodo di convivenza con il virus, nella speranza che presto arrivi un vaccino, le classi potrebbero essere ammodernate e ristrutturate per meglio adattarsi ad una didattica ibrida che metta a frutto tutto il potenziale innovativo.
La scuola del futuro è già cominciata durante il lockdown, ora non possiamo permetterci il lusso di sprecare la grande occasione che abbiamo di ripensarla. Se non ora, quando?
22 giugno 2020
Maurizio Decollanz, Editor in Chief IBM Think Magazine
@Decollanz